12 dicembre 2010

Equivalenza tra calore e lavoro

L'equivalente meccanico della caloria è il rapporto tra il lavoro eseguito su un sistema, avente come unico effetto la variazione della sua temperatura, e la quantità di calore che, fornita al sistema, produrrebbe la stessa variazione di temperatura.
Per la misura dell'equivalente meccanico della caloria si può utilizzare il dispositivo schematizzato qui sotto.


Le grandezze fisiche che è necessario misurare per determinare j sono indicate qui sotto con i rispettivi valori.

La stima che si ottiene per j è in discreto accordo con il valore atteso:
j = 4,19 J/cal.

6 dicembre 2010

Equilibrio di un corpo vincolato in un punto

Condizione di equilibrio.
Consideriamo un corpo vincolato in un suo punto O al quale siano applicate due forze. La condizione necessaria affinché il corpo rimanga in equilibrio è che il momento risultante delle forze applicate al corpo, calcolato rispetto al punto O di vincolo, sia nullo.
Ricordiamo che il momento di una forza rispetto ad un punto è il prodotto dell’intensità della forza per la distanza tra la forza (cioè la retta su cui essa giace) ed il punto in questione.
Possiamo constatare la validità della condizione di equilibrio anche semplicemente esaminando la foto qui sotto.

Indichiamo con 1 le grandezze fisiche relative ai pesi a sinistra e con 2 quelle relative a i pesi a destra del perno centrale O.
Dato che la sbarra è in equilibrio sotto l’azione dei pesi applicati, deve valere la condizione:

ora, poiché abbiamo

la condizione di equilibrio si può scrivere così:

Tale condizione significa che si può ottenere equilibrio variando forze e distanze, purché le intensità delle due forze siano inversamente proporzionali alle corrispondenti distanze dal punto di vincolo; in simboli:






Misura delle distanze.
Possiamo verificare  la validità di questa condizione anche esaminando la fotografia.
I programmi che consentono di modificare le foto (ad es. GIMP) consentono anche di rilevare la posizione di un punto fornendone le coordinate in pixel. Potremmo quindi determinare le distanze in millimetri, semplicemente confrontandole con una distanza di riferimento, ad esempio la lunghezza dell'intera sbarra che è di 40,0 cm. Tuttavia ciò non è necessario, poiché è sufficiente confrontare tra loro le due distanze d1 e d2 per verificare che il loro rapporto è l'inverso del rapporto tra le forze: ovviamente, il valore del rapporto tra due distanze non dipende dall'unità di misura scelta.
Una volta note le coordinate dei punti rilevanti, le distanze tra le forze ed il punto sono semplicemente ricavabili dalle coordinate orizzontali, cioè dalle differenze tra le ascisse dei punti interessati: questo perché le forze sono verticali per definizione, e lo sono approssimativamente anche nella foto.

Nel nostro caso le distanze tra le due forze ed il punto O risultano:
d1 = 516 pixel ,
d2 = 388 pixel.

Il rapporto d2/d1 risulta così 0,75, in ottimo accordo con il rapporto F1/F2 tra le forze (dato che una corrisponde a 3 pesetti e l'altra a 4 pesetti).

Incertezze nelle misure e precisione nella stima dei momenti.
Le intensità delle forze sono note con una tolleranza (dichiarata dal costruttore) inferiore all'1 %:

Le distanze sono misurate, in genere, con righe millimetrate ed hanno dunque un'incertezza relativa dell'ordine di:

La precisione consentita dagli strumenti in dotazione per la misura del momento risulta quindi:

26 novembre 2010

Temperatura d'equilibrio

Si consideri lo scambio di calore tra due corpi. Nell'ipotesi che il fenomeno avvenga in un ambiente isolato, cosicché siano trascurabili le dispersioni di calore., la temperatura d'equilibrio si calcola come segue.

Si vede quindi che la temperatura d'equilibrio è la media pesata delle temperature iniziali dei due corpi, dove i pesi di ciascuna di esse sono determinati dalle rispettive capacità termiche in rapporto alla capacità termica totale.

(peccato per la messa a fuoco!)

25 novembre 2010

Incertezze nelle misure con dilatometro

Consideriamo la misura del coefficiente di dilatazione termica lineare mediante un dilatometro come questo:

 dilatometro_2_a

 

Il coefficiente, indicato solitamente con la lettera lambda dell’alfabeto greco (lo indicheremo con \lambda), si ricava dalla legge per la dilatazione termica lineare:

 101125_lambda_02

Il dilatometro consente dunque di misurare \lambda indirettamente, a partire da misure dirette della dilatazione (*), della lunghezza iniziale e della variazione di temperatura: poiché il coefficiente \lambda si ottiene da queste grandezze mediante prodotti e divisioni, l’incertezza relativa su \lambda è pari alla somma delle incertezze relative sulle tre grandezze misurate (**); si ha quindi:

101125_lambda_03 .

Ciascuna di queste incertezze dipende dalla sensibilità degli strumenti utilizzati.

Per la misura della dilatazione, la scala del dilatometro è graduata in millimetri e si ha perciò un’incertezza assoluta di circa 2 mm (***). Per una dilatazione apparente tipicamente di circa 3 cm , questo comporta un’incertezza relativa stimabile come:

101125_lambda_04 .

 dilatometro_2_b

Per quanto riguarda la lunghezza iniziale, essa si può supporre affetta da incertezza dell’ordine del millimetro; trattandosi, per questo dilatometro, di sbarre di lunghezza 50 cm, l’incertezza relativa è circa

101125_lambda_05 

Infine l’incertezza sulla variazione della temperatura è di circa 2 decimi di grado, essendo 0,1 °C la sensibilità del termometro digitale a filo (il termometro a mercurio ha sensibilità di 0,2 °C); per una variazione tipica di circa 70 °C, ciò che si realizza utilizzando vapore acqueo per il riscaldamento della sbarra cava, si ha quindi:

101125_lambda_06

L’incertezza complessiva sul coefficiente di dilatazione lineare risulta pari al 10 % . Tale stima è piuttosto grossolana e, quasi certamente, eccessiva; tuttavia non è molto lontana dall’incertezza tipica che si può riscontrare ripetendo la misura più volte. Si osservi che, come era prevedibile, la misura con un margine di incertezza maggiore è quella della dilatazione.

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(*) In effetti la misura della dilatazione non è a pieno titolo “diretta”, dato che vi è un’amplificazione legata all’indice mobile, tuttavia ai fini della stima delle incertezze può essere trattata come tale.

(**) Le stime che qui consideriamo sono assai approssimative; un esame più accurato richiederebbe l’applicazione di formule di somma in quadratura per le incertezze relative.

(***) La stima è già eccessiva e tiene conto delle letture iniziale e finale. Poiché tale indicazione è 50 volte più grande della dilatazione reale, il dilatometro consente di misurare dilatazioni con incertezze assolute di circa 2 cinquantesimi di millimetro, cioè di 0,04 mm. Ovviamente, trattandosi di un rapporto, si ottiene la stessa incertezza relativa considerando  la dilatazione apparente o quella reale.

26 settembre 2010

Molla verticale

Consideriamo una molla sospesa in verticale ad un suo estremo: all’estremo libero sia agganciato un oggetto di massa m , così piccolo da essere approssimabile ad un punto materiale , e sia k la costante elastica della molla.

Le forze agenti sul punto materiale, trascurando gli attriti, sono due: la forza peso, costantemente diretta verso il basso, e la forza elastica della molla, forza di richiamo diretta verso la posizione di riposo della molla.

Poniamo l'origine del sistema di riferimento nella posizione in cui la molla scarica è a riposo e assumiamo positivi gli spostamenti x verso il basso, come indicato nel disegno qui sotto.

L’equazione generale del moto per il punto materiale risulta la seguente:

 100926_mollavert_001

dove i due puntini sopra la x indicano la derivata seconda rispetto al tempo.

La generica soluzione dell’equazione differenziale omogenea:

 100926_mollavert_002

si può scrivere così:

 100926_mollavert_003

dove A e B sono due parametri arbitrari e si ha 100926_mollavert_004

Possiamo dunque cercare la soluzione dell’equazione differenziale completa, disomogenea, tra le funzioni della forma:

 100926_mollavert_006

Sostituendo quest’espressione nell’equazione del moto si ottiene la condizione:

 100926_mollavert_007

Come si può verificare facilmente, la soluzione generale dell’equazione del moto risulta quindi la seguente:

 100926_mollavert_008

Si tratta, come era facile intuire, di un moto armonico la cui frequenza

 100926_mollavert_005

è la frequenza propria dell’oscillatore armonico ed è la stessa che si avrebbe se la molla fosse disposta in orizzontale ed il punto materiale potesse scivolare senza attrito, cioè è la stessa che si avrebbe senza la forza peso. Dunque l’applicazione di una forza esterna costante ad un oscillatore armonico produce ancora un moto armonico con la stessa frequenza; l’unico effetto è una traslazione del centro di oscillazione, che si trova ora nella nuova posizione di equilibrio:

 100926_mollavert_009

Questa è la posizione di equilibrio perché in questa posizione le due forze sono uguali e contrarie; infatti:

 100926_mollavert_010

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Vogliamo ora studiare il moto del punto materiale con differenti condizioni iniziali ( C.I. ).

  1. Consideriamo la molla inizialmente scarica ed a riposo. Agganciando alla molla l’oggetto di massa m essa scende ed inizia a oscillare attorno alla nuova posizione di equilibrio x_0 . Nell’istante iniziale in cui l’oggetto agganciato alla molla viene lasciato scendere verso il basso lo spostamento dall’origine e la velocità sono quindi nulle. 100926_mollavert_011 L’oscillazione avviene dunque attorno alla posizione di equilibrio x_0 indicata precedentemente e la sua ampiezza è pari alla distanza tra la posizione iniziale ed il centro di oscillazione.
  2. Consideriamo la molla carica ed inizialmente ferma nella sua posizione di equilibrio x_0. 100926_mollavert_012 Ovviamente il punto materiale non oscilla spontaneamente e rimane fermo nella posizione di equilibrio.
  3. Consideriamo la molla carica ed inizialmente ferma in una posizione diversa da quella di equilibrio. Sia Delta x la deformazione iniziale della molla. 100926_mollavert_013 Questa soluzione corrisponde ad oscillazioni di ampiezza Delta x il cui centro è la posizione di equilibrio x_0 .

 

 

Per quest’ultimo caso è interessante osservare i risultati di misure compiute con un sonar su un pesetto sospeso ad una molla in verticale. Nelle colonne dispari vi sono i tempi, misurati in secondi, mentre nelle colonne pari vi sono le posizioni, misurate in metri rispetto al sonar.

100926_mollavert_014_dati 100926_mollavert_015_dati 100926_mollavert_016_dati 100926_mollavert_017_dati

Il grafico corrispondente è il seguente:

100926_mollavert_019_grafico

18 settembre 2010

Il pendolo e il moto armonico

Il moto di un pendolo è periodico ed oscillatorio ma non è armonico.

In generale, un punto materiale si muove di moto armonico quando l’intensità della risultante delle forze applicate ad esso è direttamente proporzionale al suo spostamento rispetto ad un punto di riferimento in cui esso è in equilibrio.

Nel caso del pendolo la forza che agisce nella direzione del moto è la componente del peso diretta lungo la tangente alla traiettoria (nel disegno qui sotto è indicata come la componente parallela alla tangente).

 

100919_pendolo

 

Lo spostamento effettivo è rappresentato dall’arco di circonferenza di lunghezza s.

L’intensità della componente P_parallela e la lunghezza s dello spostamento non sono direttamente proporzionali.

Tuttavia P_parallela risulta direttamente proporzionale alla lunghezza x dello spostamento trasversale; infatti, per come è definita la funzione seno, valgono le relazioni:

 100919_pendolo_001

da cui si ottiene la proporzione

 100919_pendolo_002

dove l è, ovviamente, la lunghezza del pendolo.

La proporzionalità ottenuta non è quella che corrisponde all’armonicità. Tuttavia, è evidente che se l’ampiezza delle oscillazioni è piccola lo scarto tra lo spostamento effettivo s e la sua proiezione x ( cioè lo scarto tra l’arco di cerchio e la corda che lo sottende ) è anch’esso piccolo: dunque per oscillazioni di piccola ampiezza l’intensità della forza è, approssimativamente, direttamente proporzionale allo spostamento s ed il moto risulta, sempre approssimativamente, armonico.

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Vogliamo ora valutare la bontà di quest’approssimazione.

Per la lunghezza della corda x si ha:

100919_pendolo_003

mentre per la lunghezza dell’arco, confrontando l’angolo al centro con l’intero angolo giro e l’arco con l’intera circonferenza, si ha:

100919_pendolo_004

da cui si ricava:

100919_pendolo_005

Possiamo valutare lo scarto relativo tra le due quantità:

100919_pendolo_006

il calcolo per alcuni valori dell’angolo al vertice fornisce i seguenti risultati:

100919_pendolo_007

 

La differenza tra le due espressioni è già dell’ordine dell’1 % per oscillazioni di ampiezza minore di 15°, mentre per un angolo di 45° lo scarto è dell’ordine del 10 %.

16 settembre 2010

La messa in orbita di un satellite

Un satellite, nel suo moto di rivoluzione attorno ad un centro di gravità, è sottoposto solamente alla forza gravitazionale che agisce come forza centripeta deviandolo continuamente verso il centro dell’orbita.

In effetti un satellite cade continuamente verso il centro e contemporaneamente trasla nella direzione indicata, punto per punto, dalla tangente alla circonferenza. Il moto sulla curva risulta dalla composizione di questi due moti (cioè del moto tangenziale e di quello radiale).

Supponiamo per semplicità che il satellite percorra un’orbita circolare.

Durante la fase “stabile” del moto di rivoluzione non vi sono forze agenti sul satellite dirette lungo la circonferenza (o meglio, lungo la tangente ad essa), quindi il modulo della velocità del moto lungo la circonferenza, cioè della velocità tangenziale, deve rimanere costante.

Tale velocità tangenziale deve soddisfare la relazione ben nota

100916_sat

da cui deriva l’espressione per la velocità appropriata ad un’orbita di raggio R

100916sat2

Questa velocità viene impressa ad un satellite artificiale nella fase di messa in orbita. Essi vengono trasportati da un razzo vettore il cui lancio avviene al suolo in direzione verticale (cioè radiale). In seguito il razzo modifica la propria traiettoria curvando progressivamente man mano che si avvicina alla quota dell’orbita; il razzo si inclina gradualmente fino a che la direzione del suo moto è quella della tangente alla circonferenza su cui dovrà orbitare il satellite: a questo punto il razzo vettore si sgancia e libera il satellite, che da qui in poi proseguirà, per inerzia, muovendosi lungo la circonferenza. La velocità tangenziale del satellite è dunque quella che gli è stata impressa dal razzo vettore.

Durante la messa in orbita la forma della traiettoria percorsa dal razzo è rappresentata dal seguente disegno:

 

100916sat003

10 settembre 2010

Problema 15 (per le classi prime): a proposito della Stazione Spaziale Internazionale

La ISS orbita attorno alla Terra ad una quota di circa 350 km rispetto alla superficie terrestre. Nel suo moto di rivoluzione essa è sottoposta, in prima approssimazione, solamente all’attrazione gravitazionale del pianeta Terra. Determinare la sua velocità ed il periodo del suo moto di rivoluzione.

 

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Questo problema è del tutto analogo al problema 13 , tuttavia un calcolo in una situazione realistica è più interessante.

 

100910_soluz15